L’imballaggio è un protagonista occulto della storia, ha scandito i ritmi della civiltà: comparso in era pre-sumerica in Mesopotamia sotto forma di anfora, si è evoluto insieme all’uomo e, con l’avvento della tecnologia, ha assolto la sua funzione trasformandosi in latta, flacone, bottiglia, scatola, pellicola.
L’imballaggio (dal francese emballage, derivazione di emballer cioè imballare, confezionare) ha la multipla funzione di contenere e proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione.
Questa definizione è contenuta nel primo intervento del legislatore europeo sul punto, e cioè la Direttiva 94/62/CE, volta ad ottimizzare la prestazione degli imballaggi e renderli sicuri per le merci ivi contenute - il tutto nell’ambito di una politica di economia sostenibile e riduzione della quantità globale degli imballaggi al fine di prevenire la creazione di rifiuti da essi derivanti.
La Direttiva prevedeva, in particolare, specifici e stringenti limiti ai livelli di concentrazione di metalli pesanti e di additivi chimici negli imballaggi, al fine di tutelare la sicurezza, la protezione della salute e l’igiene dei prodotti. Altra importante finalità del legislatore europeo era quella di garantire sistemi di restituzione, raccolta, riciclaggio, reimpiego o recupero degli imballaggi.
Maggiori specifiche sono state inserite, più recentemente, nella Direttiva S.U.P. (Single Use Plastic) n° 904/2019 che ha bandito i prodotti monouso in plastica dal mercato europeo – in particolare tazze o bicchieri per bevande, inclusi i relativi tappi e coperchi; contenitori per alimenti, [...] destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto; generalmente consumati direttamente dal recipiente; e pronti per il consumo senza ulteriore preparazione – consentendone l’immissione nel mercato solo laddove composti da materiali biodegradabili/compostabili.
Ciò è però possibile soltanto in via residuale: ove non sia possibile l’uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti; qualora l’impiego sia previsto in circuiti controllati che conferiscono in modo ordinario e stabile, con raccolta differenziata, i rifiuti al servizio pubblico di raccolta quali, mense, strutture e residenze sanitarie o socio-assistenziali; laddove tali alternative, in considerazione delle specifiche circostanze di tempo e di luogo non forniscano adeguate garanzie in termini di igiene e sicurezza; in considerazione della particolare tipologia di alimenti o bevande; in circostanze che vedano la presenza di elevato numero di persone; qualora l’impatto ambientale del prodotto riutilizzabile sia peggiore delle alternative biodegradabili e compostabili monouso, sulla base di un’analisi del ciclo di vita da parte del produttore.
Questi obiettivi sono, ahinoi, stati disattesi con l’avvento della pandemia da Sars Covid-19, che ha ribaltato la situazione rendendo praticamente essenziale per ragioni igienico-sanitarie l’utilizzo di prodotti monouso – considerati basilari per evitare rischi di contaminazione.
Tre anni dopo, l’Unione Europea ha deciso di ribadire e rilanciare il suo primo forte messaggio mandato agli Stati Membri con la Direttiva S.U.P.
Il legislatore è però passato al livello successivo e, riprendendo sostanzialmente le medesime considerazioni già vanamente fatte in passato, stavolta ha astutamente scelto lo strumento del Regolamento: immediatamente in vigore, senza bisogno di attendere il recepimento da parte degli Stati Membri.
Cruciali, a mio parere, sono le innovazioni in ambito alimentare e quelle relative al riutilizzo degli imballaggi. Ma andiamo con ordine.
Gli imballaggi nel settore alimentare - Art. 5 della Proposta del 30.11.2022
Nella normativa degli anni Novanta, si prevedeva che gli alimenti fossero imballati in materiali che non devono modificare le proprietà organolettiche e rendere nocive le sostanze in esso contenute e non devono presentare rischi per la salute dei consumatori.
Oggi, l’art. 5 della Proposta di Regolamento prevede, proprio a tal fine ed alla luce dell’avanzamento della tecnologia – che certamente consente la creazione di contenitori meno trattati possibile – una concentrazione di piombo, cadmio, mercurio e cromo esavalente negli imballaggi non superiore a 100 mg/kg, nettamente inferiore rispetto a un trentennio fa.
Innumerevoli le critiche mosse dagli Stati Membri, primariamente dall’Italia, e nello specifico da parte di Confindustria e dei maggiori produttori di imballaggi, per ragioni prettamente economiche nonchè igienico sanitarie. Non sono mancati i commenti relativi alla ritenuta pericolosità degli imballaggi da restituire e sanificare e nuovamente immettere nel mercato, soprattutto quando essi siano destinati alla conservazione e al trasporto di generi alimentari.
Difatti, il legislatore sta attualmente ipotizzando l’eliminazione in tronco delle reti, delle vaschette, dei vassoi e dei contenitori di frutta e verdura al di sotto di 1,5 kg, a meno che non sia dimostrata la necessità di evitare perdite di acqua o turgore, rischi microbiologici o urti – “costringendo” così i consumatori a sopportare le lungaggini dovute alla pesatura e all’auto-confezionamento dei cibi, e provocando, dall’altra parte, una grossa perdita economica in capo ai produttori dei beni stessi e ai produttori degli imballaggi. Dappertutto si leggono infatti proteste per l’annunciata sparizione delle vaschette di frutta e dell’insalata in busta, contenitori che, alla fine, costituiscono solo un ingombro e non sono – ammettiamolo – riciclati come l’Unione impone, senza grande successo, da moltissimi anni. L’eliminazione in tronco della sola possibilità di generare un rifiuto, con tutta la sua prepotenza, incombe e l’uomo, per sua stessa natura, è destinato ad abituarvisi. Chi di noi avrebbe immaginato di utilizzare delle buste sottilissime e a rischio rottura, un po’ di anni fa?
“Consuetudinis magna vis est”: la forza dell'abitudine è grande
La riutilizzabilità dell’imballaggio e la residuale produzione di rifiuti – Art. 10 della Proposta del 30.11.2022
L’articolo 10 definisce “riutilizzabile” l’imballaggio concepito, progettato e immesso nel mercato con l’obiettivo di essere riutilizzato o nuovamente riempito; concepito e progettato per effettuare il maggior numero possibile di spostamenti o rotazioni in condizioni d’uso normalmente prevedibili; che può essere svuotato o scaricato senza subire danni che ne impedirebbero il riutilizzo, che può essere svuotato, ricaricato, nuovamente riempito o ricaricato nel rispetto delle prescrizioni di sicurezza e di igiene applicabili nonché può essere ricondizionato […].
L’antico sistema del cd. vuoto a rendere dovrebbe divenire non più eccezione bensì regola: oggi è utilizzato in Italia esclusivamente per le bottiglie d’acqua in vetro o, in realtà estere come la Germania, per le bottiglie di plastica, che sono rese dietro la restituzione di una piccola somma di denaro. La restituzione avviene all’interno degli stessi supermercati che rilasciano, in alternativa a detta somma, un buono da spendere per l’acquisto di altri beni con un sistema di grande successo.
Il legislatore europeo è stanco di indirizzare e gentilmente invitare gli Stati Membri a produrre meno rifiuti: acquistare, utilizzare e restituire sembrano essere le uniche azioni d’ora in poi consentite. E ciò sempre per il medesimo obiettivo – produrre meno rifiuti possibile – e con il medesimo spirito – contrarietà al monouso in un’ottica di sostenibilità.
Destinati a sparire sono dunque gli imballaggi monouso come i flaconi di shampoo e bagnoschiuma utilizzati negli hotel, i contenitori per frutta e verdura, nonchè le bustine di zucchero e tutti quegli imballaggi monouso inutilmente utilizzati all’interno di bar e ristoranti.
Questi limiti, queste imposizioni non dipendono dai materiali di cui sono composti i prodotti monouso: a nulla rileva, questa volta, che essi siano in plastica tradizionale o in plastica biodegradabile/compostabile o in carta. Non sono previste scappatoie, se non laddove gli imballaggi non avrebbero potuto essere progettati come riutilizzabili o i prodotti non avrebbero potuto essere immessi sul mercato senza imballaggio e sono progettati per entrare nel flusso dei rifiuti organici alla fine del ciclo di vita.
Questa volta l’Unione non consente escamotage: con la Proposta di Regolamento del 30 novembre 2022 il legislatore esclude la produzione di rifiuti, consente solo il riciclo ed il riutilizzo degli imballaggi e, laddove residualmente permetta che siano generati rifiuti, questi sono concepiti solo come compostabili.
La via percorsa da Bruxelles è ormai tracciata da anni e non resta che adeguarsi: Reduce. Reuse. Recycle.
Avv. Rosanna Ciavola