lunedì 1 febbraio 2016

Elezioni forensi: passate in giudicato le sentenze del Tar Lazio


Tra le sentenze del 20/05/15 (depositate il 13/06/15) con le quali il Tar Lazio ha parzialmente annullato il Regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei Consigli degli Ordini circondariali forensi,   la n. 08332/2015 (n. 15617/2014 REG.RIC.) e la n. 08334/2015 (n. 15512/2014 REG.RIC.) sono passate in giudicato per decorrenza del termine lungo senza essere state appellate.

La sintesi comune ai tre provvedimenti riguarda l’illegittimità degli artt. 7 e 9 del D.M. n. 170/2014 per contrarietà alla fonte primaria e il Consiglio di Stato, davanti al quale pende l’impugnazione della n.08333/2015, dovrebbe confermare l’orientamento già espresso con l’ordinanza n. 736/2015 del 18 febbraio scorso, ora anche tenendo conto del passaggio in giudicato delle sentenze “gemelle”.

Dunque, è acclarato: l’utilizzo del meccanismo di candidatura e di voto applicato, con il quale sostanzialmente l’elettore ha potuto esprimere un numero di preferenze superiori a quelle consentite dalla legge, bypassando l’effettivo rispetto delle minoranze e dell’equilibrio di genere, ha falsato il corretto svolgimento del procedimento elettorale, automaticamente creando un pregiudizio all’esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo.
Criticità del sistema, possibili soluzioni e sinergie da recuperare erano state da più parti anticipate [1]    fin dall’emanazione del regolamento e un certo immobilismo, seguito al fermo immagine delle sentenze ora definitive, stava delle stesse quasi sbiadendo chiarezza e perentorietà.
A breve, le determinazioni di un monsieur Godot ministeriale finora atteso invano (“oggi non verrà, ma verrà domani”) dovranno colmare il vuoto applicativo creatosi: urge, senza ulteriori ritardi, un intervento di modifica o rielaborazione della normativa di dettaglio, perchè anche le numerose impugnazioni degli esiti elettorali non vengano più rinviate a illuminazioni future, ma finalmente decise secondo le indicazioni dei Giudici amministrativi.
Ma dove eravamo rimasti ?
A completamento del quadro attuale che riflette, nel complesso di un panorama caotico, tanto per cominciare la realtà dei Consigli in prorogatio sine die, eravamo anche rimasti a Ordini in cui si sono insediati Consigli eletti in applicazione di norme illegittime.
E’ più che mai evidente come la scelta di procedere comunque con le operazioni di voto nella concitata fase di riattivazione del regolamento dopo l’iniziale sospensione, ponga ora contraddittoriamente i Consigli eletti con liste totalitarie di fronte alle proprie funzioni. In tema di continuità professionale, di crediti formativi, di riscossione delle quote annuali ai COA e quant’altro richiede agli iscritti il nuovo ordinamento professionale, dovranno vigilare, esigere il rispetto di una legge che essi per primi, sostanzialmente, non hanno correttamente applicato.

Vecchi e incrollabili equilibri, tiepide convinzioni sparse, gli Ordini inguaribilmente consenzienti sono apparsi, anche in questa occasione, come un nutrito limbo di distratte acquiescenze, in cui nulla, in tema, è stato mai pubblicamente anche solo discusso; forse solo per semplice e diffuso disinteresse o forse perchè il dissenso che invoca alternanza e pluralismo democratico effettivamente, anche per alcuni pacati elettori, può avere una connotazione troppo rivoluzionaria e poco rassicurante. L’assenza di reclami tempestivi dovrebbe aver cristallizzato l’intangibilità dei risultati, anche se la peculiarità di queste elezioni (le prime dall’entrata in vigore delle nuove regole primarie e attuative) consente qualche perplessità in ordine al momento di decorrenza dei termini che l’art. 28, comma 12, L. n. 247/12 fissa chiaramente alla proclamazione degli eletti, ma che, secondo alcuni, potrebbe riguardare il passaggio in giudicato delle sentenze per l’illegittimità originaria delle disposizioni annullate.

In conclusione
La platea forense, a parte reattive correnti e singole voci critiche, ha metabolizzato per mesi evento ed effetti collaterali, contribuendo a sminuirne la gravità  con una percezione rassegnata, quasi annoiata ed erroneamente superiore, viziata dalla convinzione che l’incidenza nel quotidiano di problemi pratici non sia diretta conseguenza di rappresentanze e vertici sempre più incuranti dei pericoli dell’autodelegittimazione.
La definitività di queste sentenze e la tenacia di chi ci ha creduto fin dall’inizio compensano quell’insostenibile leggerezza delle istituzioni forensi di ogni tipo e livello, che, ormai, quando non ingenera diffidenza, sconfina nell’autolesionistico disinteresse delle assemblee per i temi cruciali della vita forense.
La sensazione è che, comunque, alcuni Consigli irregolarmente eletti  continueranno ad evitare di affrontare l’impasse del Regolamento, nemmeno sfiorati, anche dopo il passaggio in giudicato delle sentenze, dall’ipotesi delle dimissioni in blocco.
Nel caso venisse non isolatamente compiuto, sarebbe un gesto dalla forte valenza politica, ispirato da quello spirito di servizio che non vuole confondersi con il privilegio.      Parte dell’elettorato potrebbe paventare conseguenze destabilizzanti, ma di un simile gesto altre fazioni apprezzerebbero la correttezza.
Allora la speranza è che un certo potere istituzionale rifletta e scelga di non adattarsi più a quel fine, che quando così spudoratamente giustifica i mezzi, produce un enorme e incolmabile danno di immagine esterno e interno.
Danno che dai vertici territoriali illegittimamente costituiti, in termini di credibilità e consenso sociale, si estende all’intera categoria.

[1] fra gli approfondimenti in materia si segnalano in particolare “Le tortuose elezioni del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati”, Antonino Ciavola, La Previdenza Forense 1/2015, pag. 56,http://www.cassaforense.it/media/2967/la-prev-forense-n1-2015-singole.pdf ed “Elezioni forensi: annullato il regolamento, ora che succede ?” Altalex, 23 giugno 2015, nota di Antonino Ciavola


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Avv. Antonella Matricardi