Tra
le sentenze del 20/05/15 (depositate il 13/06/15) con le quali il Tar
Lazio ha parzialmente annullato il Regolamento sulle modalità di
elezione dei componenti dei Consigli degli Ordini circondariali
forensi, la n.
08332/2015 (n. 15617/2014 REG.RIC.) e
la n.
08334/2015 (n. 15512/2014 REG.RIC.) sono
passate in giudicato per decorrenza del termine lungo senza essere
state appellate.
La
sintesi comune ai tre provvedimenti riguarda l’illegittimità degli
artt. 7 e 9 del D.M.
n. 170/2014 per
contrarietà alla fonte primaria e il Consiglio di Stato, davanti al
quale pende l’impugnazione della n.08333/2015,
dovrebbe confermare l’orientamento già espresso con l’ordinanza n.
736/2015 del 18 febbraio scorso,
ora anche tenendo conto del passaggio in giudicato delle sentenze
“gemelle”.
Dunque,
è acclarato: l’utilizzo del meccanismo di candidatura e di voto
applicato, con il quale sostanzialmente l’elettore ha potuto
esprimere un numero di preferenze superiori a quelle consentite dalla
legge, bypassando l’effettivo rispetto delle minoranze e
dell’equilibrio di genere, ha falsato il corretto svolgimento del
procedimento elettorale, automaticamente creando un pregiudizio
all’esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo.
Criticità
del sistema, possibili soluzioni e sinergie da recuperare erano state
da più parti anticipate [1] fin dall’emanazione
del regolamento e un certo immobilismo, seguito al fermo immagine
delle sentenze ora definitive, stava delle stesse quasi sbiadendo
chiarezza e perentorietà.
A
breve, le determinazioni di un monsieur Godot ministeriale finora
atteso invano (“oggi non verrà, ma verrà domani”) dovranno
colmare il vuoto applicativo creatosi: urge, senza ulteriori ritardi,
un intervento di modifica o rielaborazione della normativa di
dettaglio, perchè anche le numerose impugnazioni degli esiti
elettorali non vengano più rinviate a illuminazioni future, ma
finalmente decise secondo le indicazioni dei Giudici amministrativi.
Ma
dove eravamo rimasti ?
A
completamento del quadro attuale che riflette, nel complesso di un
panorama caotico, tanto per cominciare la realtà dei Consigli in
prorogatio sine die, eravamo anche rimasti a Ordini in cui si sono
insediati Consigli eletti in applicazione di norme illegittime.
E’
più che mai evidente come la scelta di procedere comunque con le
operazioni di voto nella concitata fase di riattivazione del
regolamento dopo l’iniziale sospensione, ponga ora
contraddittoriamente i Consigli eletti con
liste totalitarie di
fronte alle proprie funzioni. In tema di continuità professionale,
di crediti formativi, di riscossione delle quote annuali ai COA e
quant’altro richiede agli iscritti il nuovo ordinamento
professionale, dovranno vigilare, esigere il rispetto di una legge
che essi per primi, sostanzialmente, non hanno correttamente
applicato.
Vecchi
e incrollabili equilibri, tiepide convinzioni sparse, gli Ordini
inguaribilmente
consenzienti sono
apparsi, anche in questa occasione,
come un nutrito limbo di distratte acquiescenze, in cui nulla, in
tema, è stato mai pubblicamente anche solo discusso; forse solo per
semplice e diffuso disinteresse o forse perchè il dissenso che
invoca alternanza e pluralismo democratico effettivamente, anche per
alcuni pacati elettori, può avere una connotazione troppo
rivoluzionaria e poco rassicurante. L’assenza di reclami tempestivi
dovrebbe aver cristallizzato l’intangibilità dei risultati, anche
se la peculiarità di queste elezioni (le prime dall’entrata in
vigore delle nuove regole primarie e attuative) consente qualche
perplessità in ordine al momento di decorrenza dei termini che
l’art. 28, comma 12, L.
n. 247/12 fissa
chiaramente alla proclamazione degli eletti, ma che, secondo alcuni,
potrebbe riguardare il passaggio in giudicato delle sentenze per
l’illegittimità originaria delle disposizioni annullate.
In
conclusione
La
platea forense, a parte reattive correnti e singole voci critiche, ha
metabolizzato per mesi evento ed effetti collaterali, contribuendo a
sminuirne la gravità con una percezione rassegnata, quasi
annoiata ed erroneamente superiore, viziata dalla convinzione che
l’incidenza nel quotidiano di problemi pratici non sia diretta
conseguenza di rappresentanze e vertici sempre più incuranti dei
pericoli dell’autodelegittimazione.
La
definitività di queste sentenze e la tenacia di chi ci ha creduto
fin dall’inizio compensano quell’insostenibile leggerezza delle
istituzioni forensi di ogni tipo e livello, che, ormai, quando non
ingenera diffidenza, sconfina nell’autolesionistico disinteresse
delle assemblee per i temi cruciali della vita forense.
La
sensazione è che, comunque, alcuni Consigli irregolarmente eletti
continueranno ad evitare di affrontare l’impasse del
Regolamento, nemmeno sfiorati, anche dopo il passaggio in giudicato
delle sentenze, dall’ipotesi delle dimissioni in blocco.
Nel
caso venisse non isolatamente compiuto, sarebbe un gesto dalla forte
valenza politica, ispirato da quello spirito di servizio che non
vuole confondersi con il privilegio. Parte
dell’elettorato potrebbe paventare conseguenze destabilizzanti, ma
di un simile gesto altre fazioni apprezzerebbero la correttezza.
Allora
la speranza è che un certo potere istituzionale rifletta e scelga di
non adattarsi più a quel fine, che quando così spudoratamente
giustifica i mezzi, produce un enorme e incolmabile danno di immagine
esterno e interno.
Danno
che dai vertici territoriali illegittimamente costituiti, in termini
di credibilità e consenso sociale, si estende all’intera
categoria.
[1]
fra gli approfondimenti in materia si segnalano in particolare “Le
tortuose elezioni del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati”,
Antonino Ciavola, La Previdenza Forense 1/2015, pag.
56,http://www.cassaforense.it/media/2967/la-prev-forense-n1-2015-singole.pdf ed
“Elezioni forensi: annullato il regolamento, ora che succede ?”
Altalex, 23 giugno 2015, nota di Antonino Ciavola
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Avv. Antonella Matricardi
Avv. Antonella Matricardi