Legge
che nasce, che muore, che risorge
Antonino
Ciavola
In una sua gustosa opera il Salazar ci
racconta lo strano caso di una legge regionale della Calabria
abrogata da una successiva legge regionale e richiamata in vita
mediante l'abrogazione esplicita della norma che l'aveva abrogata.
Gli effetti dell'abrogazione delle
norme abrogatrici, con possibile reviviscenza della norma originaria,
fanno parte di quegli aspetti "misteriosi" e oscuri per la
maggior parte dei pratici del diritto.
Ciò per colpa della tecnica
legislativa ormai degenerata, che utilizza sempre meno il sistema più
corretto dell'abrogazione espressa e sempre più quello
dell'abrogazione implicita o tacita, magari affidando a norme
secondarie l'individuazione delle parti di legge effettivamente
abrogate.
Talvolta l'individuazione corretta è
realizzata con la successiva redazione di testi unici chiarificatori,
altre volte i dubbi restano.
Un altro esempio di morte apparente
della legge è dato da quelle antiche norme, risalenti al periodo
fascista, che regolavano l'ordinamento professionale forense e che
sembravano esser state implicitamente abrogate dalla riforma
approvata con legge 31 dicembre 2012 n. 247.
Prima di verificare e dimostrare che le
cose stanno in modo diverso, è necessario un breve riepilogo
dell'evoluzione normativa che ha portato alla legge 247.
Con la Legge 12 novembre 2011 n. 183
(legge di stabilità 2012) era stato stabilito «Con decreto del
Presidente della Repubblica ... gli ordinamenti professionali
dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto ... Le norme vigenti sugli ordinamenti
professionali sono abrogate con effetto dall’entrata in vigore del
regolamento governativo di cui al comma 5».
Questa variazione serviva a mutare la
veste della normativa da riformare: non più legge ordinaria bensì
regolamento governativo, nella forma del D.P.R.
La manovra salva – Italia, approvata
con decreto legge, ha aggiunto un termine finale di abrogazione: "e,
in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012";
Cosa significa che le norme sugli
ordinamenti professioni sono in ogni caso abrogate dalla data del 13
agosto 2012?
Letteralmente significava che, se il
Governo non avesse approvato il D.P.R. di riforma, le norme di
ordinamento professionale sarebbero rimaste comunque abrogate,
creando un vuoto normativo corrispondente a una piena deregulation.
Abrogazione degli ordinamenti
professionali è una dicitura generica, che poteva essere riferita
(per restare al campo forense) al Regio decreto legge 27 novembre
1933 n. 1578 (legge professionale), ma anche al D. Lgs. Lgt. 23
novembre 1944 n. 382 (norme sui Consigli degli ordini e Collegi e sui
Consigli nazionali) e a tutta una congerie di norme che,
farraginosamente ma ormai in modo noto, regolavano ogni aspetto della
professione forense.
Si discuteva se una norma così
generica che prevede l’abrogazione delle norme sugli ordinamenti
professionali potesse efficacemente abrogare tutte queste leggi, non
espressamente indicate, ma la questione sembrava risolta prima con il
D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, e poi con la L. 31 dicembre 2012 n. 247
che ha l'effetto, essendo una legge speciale riguardante solo gli
avvocati, di sottrarre questa professione dal destino riservato a
tutte le altre e cioè dalla normazione secondaria avvenuta con il
DPR n. 137.
Secondo tutti i commentatori
l'approvazione di questa nuova legge professionale forense avrebbe
comportato l'abrogazione di tutte le norme precedenti, forse peraltro
già abrogate da quelle di portata generale sopra ricordate.
La legge 247, però, ci riserva non
poche sorprese.
Il capo III, interamente dedicato al
Consiglio Nazionale Forense, così esordisce all'art. 34:
1. Il CNF, previsto e disciplinato
dagli articoli 52 e seguenti del regio decreto-legge 27 novembre
1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio
1934, n.36, e dagli articoli 59 e seguenti del regio decreto 22
gennaio 1934, n.37, ha sede presso il Ministero della giustizia e
dura in carica quattro anni. Il sesto comma afferma che si applicano
le disposizioni di cui al Decreto Legislativo luogotenenziale 23
novembre 1944, n. 382, per quanto non espressamente previsto.
Si tratta della normativa in materia di
elezione dei Consigli locali e nazionali, interamente riscritta dalla
Legge 247 eppure, dalla stessa, mantenuta in vita o resuscitata.
L'art. 35, comma 1, lettera c) prevede
che il CNF esercita la funzione giurisdizionale secondo le previsioni
di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934,
n.37.
L'art. 36 comma 1 ribadisce la funzione
giurisdizionale che si svolge (ancora) secondo le previsioni di cui
agli articoli da 59 a 65 del Regio Decreto 22 gennaio 1934 n. 37.
Identico richiamo (repetita juvant) è
previsto nell'art. 37.
Le antiche leggi professionali forensi,
date per abrogate, e forse effettivamente abrogate dal generico
provvedimento che fissava una data di cessazione di tutti gli
ordinamenti professionali vigenti, sono dunque richiamate in vita
dallo stesso legislatore che, menzionandole espressamente come norme
vigenti, esclude di averle volute abrogare.
Attenzione: probabilmente chi ha
scritto la legge 247 intendeva dire che il CNF era già previsto e
regolato dalla normativa del 1933, del 1934 e del 1944 (anteriore
alla Costituzione) e che la riforma del 2012 rappresentava la
revisione della giurisdizione speciale, così come prevista dalla VI
disposizione transitoria della Costituzione, il cui termine di 5 anni
è ritenuto non perentorio dalla giurisprudenza della Corte
Costituzionale.
La volontà del legislatore, però, è
solo un criterio residuale di interpretazione, mentre il principale è
quello letterale che afferma con chiarezza la persistente vigenza
delle norme che si ritenevano abrogate.
La legge 247 prevedeva anche una delega
al Governo per il Testo Unico (art. 64) mediante il quale doveva
accertarsi la vigenza attuale delle singole norme con l'indicazione
di quelle abrogate anche implicitamente e con il coordinamento
necessario a garantire la coerenza logica e sistematica della
disciplina.
Purtroppo, però, il termine di 24 mesi
per l'esercizio della delega è irrimediabilmente scaduto.
Resta quindi la disposizione
transitoria dell'art. 65, comma 1, che prevede in caso di vuoto
normativo derivante da assenza di regolamenti, l'applicazione delle
disposizioni vigenti non abrogate, e cioè delle precedenti leggi
professionali resuscitate.
Un esempio di vuoto normativo è dato
dall'art. 28, comma 6, che introduce il subentro del primo dei non
eletti in caso di dimissioni o impedimento di un consigliere
dell'Ordine territoriale, ma nulla prevede per l'ipotesi in cui
l'esito delle precedenti elezioni non abbia dato un primo dei non
eletti, nel caso (puntualmente verificatosi in molti Fori) di
elezione plebiscitaria.
In questo caso, mancando anche la norma
regolamentare, si dovrà recuperare quella previgente e resuscitata
(art. 15, comma 3, D. Lgs. Lgt. 23 novembre 1944 n. 382): Alla
sostituzione dei componenti deceduti o dimissionari o che rimangono
assenti dalle sedute per un periodo di oltre sei mesi consecutivi si
procede mediante elezioni suppletive, e così coprire i seggi
vacanti.
Le antiche norme dello scorso
millennio, quindi, non sono state abrogate e questo è anche il
pensiero del Ministero della Giustizia che, pubblicando in G.U. n. 70
del 2 settembre 2016 il bando per l'esame di avvocato della sessione
2016, esordisce proprio richiamando la normativa del 1933 e del 1934
sopra ricordata.
M. SALAZAR, Novelle dei mesi pari,
ed. Giuffré
Per un approfondimento sulle varie
distinzioni v. AA.VV., il libro delle leggi strapazzato e la sua
manutenzione, ed. Giappichelli