giovedì 16 maggio 2024

DEONTOLOGIA DEL MEDICO - RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE - CONSULTO CON LO SPECIALISTA OBBLIGATORIO O FACOLTATIVO? di Avv. Lucy Pappalardo

 


Può un medico esercitare la propria professione senza avvalersi della collaborazione di un collega specializzato, nel caso di esecuzione della perizia affidata dal PM?

Può affidarsi esclusivamente alle sue competenze ed esperienze acquisite nel corso degli anni, affidandosi solo al proprio parere?

Dal punto di vista disciplinare vi è una norma generale di fondamentale importanza, che esclude la possibilità del medico di affidarsi alle proprie capacità quando si tratta di riferimenti patologici che richiedono conoscenze di tipo specialistico.

Si tratta dell’art. 62 del codice deontologico che così recita:

Medico curante e ospedaliero

Tra medico curante e medici operanti nelle strutture pubbliche e private, anche per assicurare la corretta informazione all’ammalato, deve sussistere, nel rispetto dell’autonomia e del diritto alla riservatezza, un rapporto di consultazione, di collaborazione e di informazione reciproca al fine di garantire coerenza e continuità diagnostico-terapeutica.”

L’articolo richiama i principi generali di rispetto reciproco fra colleghi e, soprattutto, di pari considerazione della rispettiva attività professionale, al di fuori di qualunque diversa valutazione derivante dal possesso di titoli accademici o di specializzazione.

Ciò che prevale, al di là delle esperienze, della formazione, della professionalità e delle competenze, è proprio il diritto alla salute di ogni singolo paziente, che ha la necessità di prevalere su ogni contrasto relativo alle responsabilità disciplinari o giudiziali derivanti da errore medico.

La Suprema Corte si è trovata a decidere su un caso in cui era stata irrogata sanzione dall’organo di disciplina dei Medici Chirurghi e Odontoiatri nei confronti di tre sanitari, per non essersi confrontati con un collega cardiologo, mediante apposita consulenza, durante l’esecuzione di una perizia loro affidata dal P.M. presso il Tribunale di Roma, dal cui esito scaturiva un procedimento penale a carico dello stesso cardiologo.

Invero, secondo la perizia redatta dai medici, nella condotta del cardiologo erano identificabili imprudenza e imperizia, per avere refertato come normale l’ECG di una paziente, che invece presentava alterazioni patologiche che avrebbero richiesto invece approfondimenti diagnostici per valutare i rischi cardiologici e anestesiologici. La paziente dunque veniva sottoposta – senza riesame specialistico – a colangiopancreatografia retrogada, ma subiva un arresto cardiaco e, in conseguenza di questo, riportava lesioni gravi (danno anossico cerebrale).

Conclusosi il procedimento penale con assoluzione, il cardiologo decideva di segnalare al competente Ordine professionale la condotta dei periti i quali, pur non essendo specializzati in cardiologia, non si erano avvalsi del consulto di uno specialista della materia, ritenendo quindi erronea la valutazione dell’ECG fatta dall’imputato, causandone il rinvio a giudizio.

La Commissione Medica Provinciale considerava i periti responsabili della erronea valutazione della condotta dell’imputato in assenza di specifiche competenze in materia cardiologica, con particolare riferimento alla violazione dell’art. 62 codice deontologico, secondo il quale in casi di particolare complessità clinica (…) è doveroso che il medico legale richieda l’associazione di un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta, ed irrogava la sanzione della censura.

A seguito di impugnazione, la Commissione centrale confermava il giudizio di responsabilità per la violazione dell’art. 62 codice deontologico, ma ne riduceva la sanzione.

I medici ricorrevano innanzi alla S.C. sulla base di due motivi che venivano però rigettati.

Con il primo si denunciava la violazione o falsa applicazione degli artt. 358 e 359 cod. proc. pen., e si contestava l’errore della Commissione centrale di ritenere che il perito nominato dal P.M., poiché consulente di parte, non fosse obbligato a rendere un parere pro veritate.

Detto motivo veniva dichiarato inammissibile ma, in realtà, il consulente tecnico nominato da P.M. concorre oggettivamente all’esercizio imparziale della funzione giudiziaria che lo stesso P.M. è chiamato a svolgere; pertanto, essendo la sua funzione determinante e collegata a quella del P.M., il parere di uno specialista risultava indispensabile.

Con il secondo motivo si denunciava violazione o falsa applicazione dell’art. 62 codice deontologico, assumendo che erroneamente la Commissione Centrale aveva applicato la norma citata nel testo attuale, entrato in vigore il 18 maggio 2014, quindi in epoca successiva ai fatti.

L’art. 62 codice deontologico, approvato il 16 dicembre 2006, applicabile alla fattispecie in esame, subordinava l’accettazione dell’incarico peritale alla sussistenza di un’adeguata competenza medico-legale e scientifica, e i ricorrenti erano sicuramente in possesso di tale competenza.

Ancora, nel motivo si evidenziava che la lettura e l’interpretazione dell’ECG non è prerogativa di uno specialista della cardiologia, e che l’inversione dell’onda T – rilevata nel caso di specie dall’ECG – “esprime tanto condizioni fisiologiche quanto condizioni patologiche”, con l’ovvia conseguenza che il medico chirurgo deve “coniugare il dato cartaceo elettrocardiografico (con) un’accurata anamnesi ed esame obiettivo per verificare il corretto significato clinico”.

Il motivo è stato dichiarato infondato.

La Cassazione – pur riconoscendo l’errore commesso nella motivazione – non lo ha ritenuto decisivo, poiché la norma prevedeva che in casi di particolare complessità clinica ed in ambito di responsabilità professionale, è doveroso che il medico legale richieda l’associazione con un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta.

In relazione ai giudizi di responsabilità professionale, la norma imponeva ed impone tutt’oggi al medico legale di associarsi ad un collega di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta.

Si rientra nell’ambito dei giudizi di responsabilità professionale, per i quali è richiesta la massima prudenza e cautela nello svolgimento della perizia o consulenza tecnica.

Pertanto il giudizio della Commissione non è censurabile.

La norma deontologica impone ai periti, nell’ambito dell’interpretazione di un tracciato di ECG, di interpellare un collega specializzato in cardiologia e non assume alcun rilievo l’argomento secondo cui i periti siano – a prescindere dalla specializzazione ma in semplice qualità di medici – in grado di leggere correttamente un ECG.

La previsione ad essi richiesta era destinata ad incidere nel contesto della responsabilità professionale, e ciò rendeva doveroso l’intervento di un medico di comprovata esperienza e competenza nella disciplina coinvolta.

Per tutti tali motivi il ricorso è stato rigettato senza spese, in assenza di attività difensiva degli intimati.

Concludiamo con una riflessione: il paziente pertanto ha il sacrosanto diritto di esser tutelato mediante consulto di un medico specialista, nonostante le capacità ed esperienze del medico cui lo stesso si rivolge, tanto più nei casi di particolar complessità che richiedono uno studio approfondito della questione.

Avv. Lucy Pappalardo